La didattica a distanza come opportunità di crescita: uno strumento che non merita di essere abbandonato del tutto.
Mancano ormai pochi giorni alla conclusione degli esami di Stato del secondo ciclo, mentre al capolinea sono giunti qualche giorno fa gli studenti del primo, volge così al termine un percorso tortuoso che ha messo alla prova non solo gli insegnanti, ma anche gli stessi studenti. A partire dal 4 marzo, giorno in cui venne emanato il decreto che disponeva la sospensione delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado fino al successivo 15 marzo, si sono susseguiti una serie di decreti sempre più restrittivi, fino ad arrivare alla notte del 9 marzo in cui il Presidente del Consiglio annunciò in conferenza stampa l’estensione a tutto il Paese delle misure restrittive già attive nelle regioni maggiormente colpite dall’epidemia, dando inizio ad un lungo periodo di quarantena.
Durante i primi giorni di lockdown un forte senso di sollievo animava tutti gli studenti, difatti il dramma che si celava dietro tali decisioni tanto necessarie quanto invasive, era ancora poco percepibile dagli stessi. La sospensione delle attività didattiche dalle aule fisiche veniva inizialmente percepita dai ragazzi come un’occasione di relax: potevano dormire più a lungo al mattino, giocare al loro videogioco preferito, perfino guardare la serie TV del momento tutta di un fiato. Al contrario i docenti sin da subito si sono sentiti profondamente turbati da una didattica innovativa che all’improvviso ha soppiantato i loro tradizionali metodi di insegnamento in una quotidianità ormai devastata da un repentino mutamento delle modalità di gestione delle attività scolastiche. Questo quadrò iniziale muta in poco tempo, soprattutto dal lato degli studenti che iniziano a sentirsi abbandonati a sé stessi fra le mura della loro stanza, lontano dagli amici del cuore, dai rimproveri e dagli elogi dei professori, dalla loro scuola, dalla loro vita.
Il problema è che si è passati troppo velocemente da uno spazio fisico ad uno spazio digitale, l’apprendimento a distanza ha così finito per trasformarsi da “opportunità” a “necessità” dato il suo fine più rilevante che è quello di conciliare il distanziamento sociale e il proseguimento delle attività formative. Di conseguenza sia gli alunni che i docenti, in un primo momento, si sono sentiti quasi sopraffatti da una tale carico di cambiamenti. Gli insegnanti, in particolare, hanno visto la loro sfera privata nettamente ristretta, il confine tra vita privata e lavoro è diventato giorno dopo giorno sempre più tenue. Sommersi di lavoro da recuperare, inchiodati su di una sedia tutto il giorno con lo sguardo fisso ad uno schermo pieno di notifiche, i docenti hanno ristrutturato le loro modalità operative tentando di stare al passo con quella tecnologia che a lungo hanno lasciato correre più avanti.
Inoltre, pur vivendo in un'era in cui l’utilizzo degli strumenti tecnologici è altamente diffuso, non sempre c’è consapevolezza dei rischi che si corrono nell’utilizzo degli stessi. Non a caso sono tanti i profili di incertezza che accompagnano gli utenti delle istituzioni scolastiche, spesso costretti a convivere con indicazioni foriere di dubbi ed incertezze. In particolare, le nuove modalità con le quali vengono svolte le attività didattiche non possono prescindere dal trattamento dei dati personali degli interessati (docenti, alunni, genitori) che, nell’era della digitalizzazione, acquistano un rilievo tutt’altro che secondario e dei quali bisogna garantire la riservatezza ed il rispetto.
Molteplici sono gli adempimenti che le scuole e le università hanno dovuto porre in essere, quali titolari del trattamento, primo fra tutti vi è stato l'aggiornamento dell'Informativa Privacy nella quale vanno indicate le finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali nonché la base giuridica del trattamento. In più, nel rispetto del principio di “limitazione delle finalità”, uno dei principi portanti del GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati), si è sentita l’esigenza di evitare qualsiasi forma di profilazione, di diffusione e comunicazione dei dati personali raccolti tramite l’attività didattica a distanza, nonché si è garantita l’adeguatezza di quest’ultimi affinché siano pertinenti e limitati a quanto necessario in considerazione delle finalità del trattamento.
La D.A.D. e più in generale l’e-learning, nonostante si prospetti il ritorno a settembre nelle aule fisiche, hanno rappresentato un’importante opportunità di crescita per il futuro che non merita di essere svilita. La didattica a distanza consentirebbe far fronte a tanti problemi, garantirebbe ad esempio una formazione continua e completa anche per gli studenti affetti da malattie croniche che li “costringono” in casa o semplicemente per coloro che necessitano di assentarsi diversi giorni da scuola.
Albert Einstein sosteneva che “la misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario” per cui sarebbe opportuno, nonché utile, continuare ad avvalerci degli strumenti figli dei più recenti cambiamenti guardando agli stessi come un’opportunità di crescita per il futuro.
La trasformazione digitale a seguito del corona virus ha ormai pervaso quasi tutti gli aspetti della società umana, infatti, ad oggi il valore aggiunto di una qualsiasi attività è la tecnologia, ma dietro la tecnologia non bisogna dimenticare che vi sono degli uomini, dunque è utile valorizzare qualsiasi strumento che permetta di formare un uomo, sin dalla frequentazione della scuola, ampliando in tal modo le sue skills tecnologiche, perché sono queste ultime che gli permetteranno di accedere alle opportunità che il futuro prospetta.
di Antonella Ferrara